Antonio Tucci fu un luogotenente della Marina. Dopo l’armistizio italiano (8 settembre 1943) andò a Sant’Anna di Stazzema con la moglie e gli otto figli. Solo lui sopravvisse al massacro nazista.
Antonio Tucci, era un comandante di marina originario di Foligno ma stanziato a Livorno. Per trovare un nascondiglio sicuro a Sant’Anna di Stazzema aveva supplicato molte persone e alla fine aveva trovato ospitalità nella chiesa di Sant’Anna. I Tucci non erano la sola famiglia sfollata da città distanti, arrivarono la famiglia Capiello da Napoli, la famiglia Scaleo da Genova, la famiglia Scipioni da La Spezia, la famiglia Tavolini da Piombino. Il 12 agosto quando la notizia dell’arrivo dei soldati nazisti circolò nei borghi di Sant’Anna, Antonio Tucci scappò nel bosco con gli altri uomini in età di lavoro perché temeva un rastrellamento. Salutò la moglie Bianca Prezioso e gli otto figli: Annamaria, la più grande, Eros, Feliciano, Maria Grazia, Luciana, Franca, Carla, Maria, la più piccola che all’epoca aveva tre mesi. Come tutti gli altri uomini fuggiti pensava li avrebbe rivisti una volta finita l’operazione dei nazisti. Invece la sua famiglia fu rastrellata e uccisa sulla piazza antistante la chiesa insieme ad altre donne, bambini e anziani. Nella stessa piazza trovarono la morte il prete Don Innocenzo Lazzeri e il padre di Leopolda Bartolucci. Nei giorni successivi la strage Leopolda lo vide disperarsi. Negli anni successivi lo incontrò quando tornava in paese per commemorare la sua famiglia. A Leopolda lasciò una sua testimonianza, alcune fotografie e le otto stelle di stoffa che indicavano il lutto, oggi le stelle sono custodite nel museo. Del dolore di Antonio Tucci parlò più volte anche Don Giuseppe Vangelisti, il parroco di Sant’Anna che lo aveva ospitato nella chiesa insieme ad altri sfollati. Lo incontrò dopo la strage, quando insieme a 33 uomini, iniziò a seppellire e benedire i corpi. Tucci era davanti la fossa, urlava i nomi dei suoi cari e voleva gettarsi nella buca, si sentiva in colpa per essere scappato, per non essere morto con la moglie e i figli. Dopo la guerra tornò a Foligno e si sposò. Dalle seconde nozze nacquero tre bambini, ognuno aveva il nome dei figli morti. Nella nuova casa Antonio aveva preparato un piccolo altare dove ogni sera pregava e ricordava i suoi bambini deceduti e la moglie, fino a quando nel 1953 non decise di togliersi la vita.